Sentenza dell'ottobre 2012

La sentenza sul terremoto all’Aquila 


I tecnici che facevano parte della Commissione Grandi Rischi sono stati condannati per lesioni colpose e omicidio colposo plurimo, e se ne discuterà 


22 ottobre 2012

I sette componenti della Commissione Grandi Rischi in carica nel 2009 sono stati condannati in primo grado a sei anni di reclusione dal giudice Marco Billi del tribunale dell’Aquila. Franco Barberi, Enzo Boschi, Mauro Dolce, Bernardo De Bernardinis, Giulio Selvaggi, Claudio Eva e Gianmichele Calvi sono stati giudicati colpevoli di lesioni colpose e omicidio colposo plurimo. L’accusa aveva chiesto per loro quattro anni di carcere, il giudice ha stabilito in sei anni la pena e ha anche decretato l’interdizione perpetua dai pubblici uffici delle persone coinvolte. Secondo Billi, i componenti della Commissione diedero informazioni carenti o contraddittorie sul rischio sismico nella zona, pochi giorni prima del terremoto di magnitudo 6.3 che si verificò alle 3:32 di notte del 6 aprile 2009.
Nei mesi prima del forte terremoto si erano verificate nella zona diverse scosse di minore entità, che avevano allarmato la popolazione. La Commissione era intervenuta per dare informazioni alla popolazione, che secondo l’accusa erano però incomplete o contraddittorie sul rischio sismico. Tecnici ed esperti si erano riuniti il 31 marzo del 2009 e nel verbale che fu realizzato si faceva comunque esplicito riferimento all’impossibilità di «affermare che non ci saranno terremoti a L’Aquila», essendo zona sismica. Boschi spiegò che non era possibile fare previsioni, e ricordò comunque che le costruzioni andavano «rafforzate e rese capaci di resistere ai terremoti». Calvi e Selvaggi diedero dettagli sui dati registrati, spiegando che non sempre le sequenze rilevate si erano risolte in forti terremoti. Barberi concluse dicendo che non c’era «nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento». Altri intervennero per ricordare la necessità di rinforzare le strutture più esposte per resistere meglio alle scosse. Fu anche esclusa la possibilità di utilizzare sistemi di analisi dei cosiddetti eventi precursori, come il rilascio di gas radon in atmosfera, soluzione utilizzata dal tecnico Giampaolo Giuliani e già da tempo messa da parte dalla comunità scientifica perché ritenuta inefficace. Durante il processo, la difesa ha spiegato che gli esperti fecero tutto ciò che era nelle loro possibilità, ricordando che allo stato attuale e con le strumentazioni a disposizione è impossibile prevedere i terremoti e valutare in anticipo la loro magnitudo. Anche per questo motivo la sentenza sta facendo molto discutere, perché potrebbe costituire un precedente per chi si occupa delle rilevazioni dei terremoti, soprattutto nell’ambito della protezione civile. Per avere un quadro completo occorrerà attendere le motivazioni della sentenza. Al momento si parla di “rischio sismico” e non di “pericolo sismico”, ed è doveroso ricordare che le due locuzioni indicano cose diverse. Il “pericolo sismico” è la probabilità che un determinato evento si verifichi in un certo posto entro un periodo di tempo; il “rischio sismico” indica invece la stima economica delle perdite nel caso di un terremoto in un determinato tempo e punto nello spazio. Le mappe colorate che vediamo spesso sui terremoti indicano il pericolo sismico, mentre il rischio in sostanza dipende da ciò che è costruito sopra le zone indicate dalle mappe.
Enzo Boschi, l’ex presidente dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), ha detto di essere avvilito e disperato per la sentenza: «Pensavo di essere assolto, non capisco di cosa sono accusato». L’ex vicecapo della Protezione civile, Bernardo De Bernardinis, ha detto di ritenersi innocente e che «da domani la mia vita cambierà, ma se saranno dimostrate le mie responsabilità in tutti i gradi di giudizio le accetterò fino in fondo». La difesa confida in una sentenza diversa in appello, ritenendo quella di oggi «sbalorditiva e incomprensibile, in diritto e nella valutazione dei fatti».

Fonte:
http://www.ilpost.it/2012/10/22/la-sentenza-sul-terremoto-allaquila/



Segue il tavolo dei partecipanti alla riunione che si tenne 6 giorni prima del terremoto:




 

 

 

 

 

 

Scienza o onniscienza? 

Il tribunale dell’Aquila ha condannato a sei anni sette componenti della Commissione Grandi Rischi, rei di non aver previsto e annunciato il terremoto dell’Aquila. Sia l’accusa che la sentenza nei confronti degli esperti sono tipiche espressioni dell’atteggiamento distorto e contradditorio che si ha in Italia nei confronti della scienza.
Da un lato, la si ritiene onnisciente, al punto da considerare un miracolo tutto ciò che essa non è in grado (ancora) di prevedere o spiegare. Dunque, da essa si pretende che sia in grado di prevedere e spiegare qualunque cosa, senza capire che i veri miracoli sono appunto le previsioni e le spiegazioni che la scienza riesce (già) a dare, nonostante il mondo sia per sua natura largamente imprevedibile e inspiegabile.
Dall’altro lato, si ritiene che l’ignoto e l’inaccessibile esistano soltanto per coloro che si limitano alle spiegazioni scientifiche. E che diventino invece noti e accessibili attraverso gli strumenti irrazionali e ineffabili del pensiero magico e religioso. Di qui il disinvolto uso complementare che viene fatto della scienza e della religione, che per loro natura sono invece contrapposte e incompatibili.
Il risultato di questa schizofrenia intellettuale, è testimoniato dall’atteggiamento popolare di fronte alle malattie. La guarigione, soprattutto nei casi più gravi e disperati, viene infatti più volentieri attribuita alle preghiere, che all’efficacia delle cure mediche somministrate. La mancata guarigione, al contrario, viene invece imputata più al fallimento delle cure mediche, che all’inutilità delle preghiere.
La sentenza dell’Aquila rientra in questo paradigma comodo e demenziale. La ragione, o anche solo il buon senso, dovrebbero portare a ringraziare gli scienziati per ciò che sanno e riescono a fare, e non a condannarli per ciò che non sanno e non possono fare: come le previsioni dei terremoti, appunto, che ancora non sono sicure neppure in Giappone, figuriamoci in Italia.
Ma se proprio vogliamo prendercela con qualcuno, perché non condannare per il mancato avvertimento del terremoto il vescovo e i parroci della città? In fondo, essi pretendono di essere alle dipendenza di qualcuno che del terremoto, secondo la loro visione del mondo, dovrebbe essere il primo responsabile. Invece di preoccuparsi di restaurare le chiese, perché non maledire il perverso principale, arrestarne gli inutili accoliti, e smettere di molestare la povera gente che fa onestamente il suo umano, e dunque imperfetto, lavoro?
Naturalmente, gli esperti sono responsabili dei pareri che hanno dato, e che risultano dal verbale. Non sono responsabili dei suggerimenti che la protezione civile ha ritenuto di dover dare alla popolazione, in seguito a questi pareri.


 Fonte: http://odifreddi.blogautore.repubblica.it/?ref=NRCT-45125743-9



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