Il metodo Giuliani

Il metodo Giuliani



 
Il radon è un gas che si forma
dalla trasformazione dell’uranio 238.
Rimane intrappolato nelle rocce,
 finché all’avvicinarsi di un terremoto
le microfratture che si formano nelle
rocce non lo portano a sfuggire
dalla crosta terrestre.
Giampaolo Giuliani è diventato famoso ai tempi del terremoto che ha distrutto L'Aquila sostenendo di aver messo a punto un metodo per prevedere i terremoti con un anticipo anche di molte ore. Ai tempi, lavorava come tecnico nei laboratori del Gran Sasso e si occupava, tra le altre cose, di monitorare i sismografi e i rilevatori di radon. La radioattività del radon può alterare i risultati degli esperimenti sui neutrini e quindi è importante misurarne la concentrazione per essere sicuri che tutto vada come deve andare.
Giuliani osservando i sismografi e le oscillazioni di radon ha iniziato a notare delle correlazioni e ha unito questa sua intuizione alle ricerche in corso nel mondo. Sì, perché è circa dagli anni Settanta che i geofisici cercano di capire se l'emissione di radon può essere correlata a un'imminente scossa, senza, purtroppo, grandi successi. L'emissione di radon varia in seguito a molti fattori come la permeabilità del suolo, la presenza di falde acquifere o, addirittura, dalle condizioni climatiche e il tutto rende molto difficili le misurazioni.
Giuliani aveva letto di queste ricerche e gli è sembrato che le sue osservazioni potessero inserirsi in quel filone lì.
 Fin qui tutto bene. Una nuova ricerca nasce spesso così. Lo scienziato osserva un fenomeno, magari sporadico, magari capitatogli per caso (la sapete tutti la storia di Fleming che scopre per caso la penicillina, no?) e poi cerca di capirci qualcosa di più. E qui entra in ballo il metodo scientifico che, semplificando al massimo (e non me ne vogliano i puristi) si può riassumere in queste fasi:

 - osservare un fenomeno
 - farsi delle domande
 - formulare delle ipotesi
 - metterle alla prova facendo degli esperimenti
 - registrare e analizzare i dati
 - tirare le fila, pubblicare i propri risultati e passare il tutto al vaglio della comunità scientifica

Quindi Giuliani ha osservato un fenomeno: il radon e i terremoti sembrano "muoversi" assieme. Ha analizzato la letteratura scientifica e ha visto che si stavano percorrendo ricerche simili, quindi ha formulato un'ipotesi: "i picchi di radon prevedono i terremoti".

Che cosa avrebbe dovuto fare da qui in avanti?
Abbiamo visto che osservazione e ipotesi da sole non bastano. Ci vogliono i dati, ma i dati devono essere raccolti con un certo criterio, altrimenti non valgono. Per esempio, non sarà sufficiente raccogliere due/tre casi di picchi di radon prima di una scossa per confermare l'ipotesi, perché potrebbe essere un caso, ma ne serviranno migliaia (serve quello che viene definito "campione statistico", che permetta quindi di annullare in qualche modo il ruolo del caso). Allo stesso modo bisognerà raccogliere dati in punti diversi della crosta terrestre. Sarà molto importante assicurarsi che gli strumenti abbiano prestazioni paragonabili perché altrimenti i dati non si possono confrontare. Una delle cose più importanti delle quali non si parla mai è il difendersi dall'experimenter's bias o pregiudizio dello sperimentatore. Ogni ricercatore, così come ogni essere umano è influenzato dai propri sentimenti e dalle proprie aspettative. Il ricercatore che sa, per esempio, che il suo farmaco potrebbe curare una malattia terribile sarà portato a evidenziare i miglioramenti nei pazienti trattati e i peggioramenti in quelli non trattati. Per questo motivo, in medicina si fanno gli esperimenti in "doppio cieco" dove né il medico né il paziente sanno se la pillola somministrata è il farmaco effettivo o il placebo. Nelle altre discipline esistono sistemi di protezione analoghi più o meno sofisticati per ripararsi da questo errore.

Raccolta una grande quantità di dati li si potrà analizzare, farci sopra una statistica e capire se l'ipotesi regge il confronto con la realtà.
È fatta? No, non ancora. Anzi, questo è solo l'inizio perché la ricerca a questo punto deve essere sottoposta al vaglio della comunità scientifica che ha il compito di farle le pulci e andare a cercare tutti gli errori possibili.

Se supera questa fase allora si può iniziare a parlare di scoperta. Prima no.
Prima può essere un'intuizione, una congettura, una sparata, una bufala, qualsiasi cosa. Si può urlare, incatenarsi ai cancelli, fare le manifestazioni di piazza, le interrogazioni parlamentari, ma un'ipotesi diventa una scoperta solo nel momento in cui si dimostra che lo è e l'unico modo, ad oggi, per dimostrarlo è il metodo scientifico.

Giuliani queste fasi non le ha superate. Si è fermato alla formulazione dell'ipotesi, ha raccolto molti dati, ma tutti molto diversi fra loro, difficili da confrontare con strumenti spesso diversi e costruiti in casa, non ci ha fatto sopra una statistica, non li ha pubblicati, non ha accettato il responso negativo della comunità scientifica e ha iniziato a correre da solo controcorrente.


Fonte:
http://blog.wired.it/barnum/2012/05/29/giuliani-i-terrremoti-e-il-metodo-scientifico.html

 

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